Stampa 3D: i rischi connessi all’uso delle nuove tecnologie e materiali

Non c’è dubbio che un’efficace strategia di prevenzione di malattie e infortuni professionali debba considerare attentamente le innovazioni tecnologiche, i nuovi materiali e sostanze introdotti nelle lavorazioni e le ricerche più recenti in merito ai nuovi pericoli per i lavoratori e alle possibili misure di prevenzione.

E una tecnologia recente, portatrice anche di nuove sfide in materia di salute e sicurezza, è quella connessa alla stampa 3D.

A ricordarlo è una recente scheda informativa, prodotta dal Dipartimento Inail di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale (DIMEILA), dal titolo “La stampa 3D e le implicazioni per la salute dei lavoratori: lavorare in sicurezza con le nuove tecnologie” e a cura di M. Galetti e D. Cavallo.

Ricordiamo che se alla sicurezza delle tecnologie additive per metalli l’Inail aveva già dedicato un precedente documento (disponibile per i soci di AITA) , il nuovo factsheet “nasce dall’esigenza di un documento di riferimento per l’individuazione di potenziali pericoli e rischi per la salute” correlati all’utilizzo delle stampanti 3D.

L’articolo di presentazione del factsheet si sofferma sui seguenti argomenti:

  • Stampanti 3D: i metodi e i materiali di stampa
  • Stampanti 3D: le indicazioni sui rischi per i lavoratori
  • Stampanti 3D: le indicazioni sulle misure di prevenzione e protezione

Stampanti 3D: i metodi e i materiali di stampa

Riguardo all’uso di stampanti 3D nei luoghi di lavoro, che chiaramente “rientra nel campo di applicazione del d.lgs. 81/2008”, la scheda si sofferma innanzitutto sui metodi e sui materiali di stampa. Si ricorda che per definire il processo di stampa 3D “spesso si usano termini come manifattura additiva, produzione desktop, prototipazione rapida” ed infatti, rispetto a tecniche di produzione sottrattiva di oggetti solidi (“in cui gli oggetti si ottengono asportando materiale da una forma più grande”), le stampanti 3D “permettono di creare ex-novo un oggetto attraverso la sovrapposizione di strati multipli di materiale”. Da qui il termine di manifattura additiva (AM).

Generalmente la tecnica più utilizzata è l’estrusione: “un filamento passa in un ugello riscaldato a una temperatura al di sopra del punto di fusione del materiale e viene depositato sulla piattaforma di lavoro, posta a temperature più basse, strato dopo strato, in modo da costruire i piani bidimensionali dell’oggetto desiderato”.

Questa tecnologia “utilizza diversi materiali, a seconda della tecnica selezionata”.

Se i primi sono stati per lo più materiali plastici, “l’elenco si è andato sempre più espandendo”:

• materiali classici: “polimeri, ceramiche, vetro, metalli e legno;

• materiali innovativi: materiali biologici e nanomateriali”.

Inoltre, le materie prime sono disponibili “in forme differenti, come polveri, filamenti, granuli o resine, a seconda dell’utilizzo che se ne deve fare”.

Riguardo ai nanomateriali, su cui sono stati pubblicati in questi anni diversi documenti, si indica che “sono largamente usati nei processi di stampa 3D e in futuro, combinando stampa 3D e nanotecnologia, sarà possibile produrre oggetti di qualsiasi tipo di materiale, in qualsiasi forma o volume”.

Stampanti 3D: le indicazioni sui rischi per i lavoratori

Veniamo ai rischi per i lavoratori.

Si indica che “la distribuzione dimensionale delle particelle utilizzate e prodotte durante i processi di AM rappresenta uno dei fattori principali per la valutazione dei rischi professionali, in quanto influenza il livello di progressione nelle vie respiratorie. Tali polveri potrebbero essere inalate dagli operatori durante la fase di carico in macchina, durante la rimozione dei pezzi finiti e nelle fasi di manutenzione e pulizia della macchina stessa”. Se, secondo una recente pubblicazione dell’Eu-OSHA, l’impatto quotidiano della stampa 3D sulla salute dei lavoratori addetti oggi è ancora limitato, con l’aumentato utilizzo di queste tecnologie, “potrebbero emergere nuovi rischi dovuti all’uso di materiali non convenzionali”. Ad esempio, recentemente è stata evidenziata la pericolosità di alcuni composti organici volatili (VOC) “emessi durante la stampa 3D, che possono avere effetti avversi sul sistema respiratorio e cardiovascolare. È stato documentato un caso di ipersensibilità polmonare in un lavoratore esposto a polvere di nylon durante AM e un caso di riacutizzazione di asma lavoro-correlata in un giovane esposto a VOC rilasciati durante l’estrusione di ABS” (acrilonitrile butadiene stirene).

Inoltre – continua il documento – adulti sani esposti per brevi periodi a VOC e UFP (particelle ultrafini) di stampanti 3D desktop “non hanno evidenziato alterazioni di biomarker infiammatori, ma hanno mostrato un aumento dei livelli di ossido nitrico esalato, spesso associato a patologie asmatiche allergiche. Per quanto riguarda i nanomateriali, invece, la maggior preoccupazione deriva dal fatto che essi hanno proprietà uniche e non è ancora chiaro quale sia il potenziale di esposizione, la tossicità e la biodisponibilità derivanti dalla loro produzione e dal loro uso”. Tuttavia “è noto che l’inalazione di nanomateriali può determinare infiammazione polmonare e asma”.

In definitiva, “nonostante non sia da scoraggiare l’utilizzo delle stampanti 3D, bisogna prestare attenzione al loro utilizzo, soprattutto quando si impiegano più unità allocate in un unico ambiente”. La concentrazione di VOC e PM (particolato), infatti, “potrebbe essere alta e i lavoratori potrebbero andar incontro a disturbi respiratori. Un altro aspetto fondamentale da considerare è la molteplice composizione dei filamenti utilizzati per la stampa; ai polimeri spesso si associano diversi tipi di additivi come coloranti, ritardanti di fiamma, antiossidanti e plastificanti, che possono avere un effetto sulla salute del lavoratore”.

Stampanti 3D: le indicazioni sulle misure di prevenzione e protezione

Veniamo, infine, alle misure di prevenzione e protezione.

In coerenza con quanto indicato dall’art.15 del d.lgs. 81/2008, “il primo e più importante livello di intervento nella prevenzione e protezione dei possibili rischi collegati alla stampa 3D consiste nell’applicazione di precauzioni standard per ridurre le emissioni e il numero di esposti”. Ma se in tali processi “raramente è possibile eliminare e/o sostituire l’agente nocivo (ovvero il materiale) né tantomeno la sua modalità di utilizzo” e il numero di lavoratori o i tempi di esposizione, è “fondamentale implementare gli step successivi della gerarchia delle misure di gestione del rischio”.

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